Sono qui davanti a questo schermo, non so perché lo sto facendo, sento solo una forza: prepotente, irresistibile, tempestosa che non mi permette di smettere di battere su questi tasti. E’ una domenica mattina, una splendida domenica mattina: c’è il sole con una dolce aria frizzantina tipica di gennaio, qui in questa magica mia terra di adozione, la Toscana.
Sono malata, ma l’ho accettato… So che non guarirò mai, ma l’ho accettato… So che ci saranno momenti duri, ma l’ho accettato…
La mia storia comincia più di trenta anni fa, quando a quindici anni, per la prima volta nella mia vita, mi guardai allo specchio: ero grassa, brutta nessun ragazzo mi avrebbe mai voluta.

Da lì è cominciato il mio lungo calvario di lotte interne, sconfitte e tanta sofferenza. In questi trent’anni ho provato tutti i tipi di diete possibili e immaginabili. Ne diventai esperta, cominciando negli anni Novanta a comprare una rivista dedicata. L’ultima dieta l’ho fatta nel 2023 prima di entrare in OA. Negli anni sono andata da tutti gli specialisti possibili: dietologi e nutrizionisti di tutti i tipi, psicologi e neuropsichiatri, ho fatto agopuntura, ho usato rimedi che promettevano miracoli, ma niente. I miei sensi di colpa dopo le abbuffate, la vergogna e l’isolamento mi stavano pian piano divorando dentro, sempre più. Più passava il tempo e più le mie abbuffate peggioravano: erano diventate premeditate (all’inizio mi abbuffavo con quello che c’era in casa), cioè premeditavo i cibi con cui dovevo abbuffarmi, dovevo comprarli pagandoli in contanti così che nessuno ne potesse avere tracciabilità, cioè nessuno doveva scoprire che con quei soldi avevo comprato la mia droga. In genere le organizzavo quando ero sola in casa e potevo bruciare le carte e confezioni che le contenevano nel camino oppure nasconderle fino a quando non le avrei poi buttate io stessa fuori casa. Ho mangiato cibo poco cotto o troppo cotto, cibo preso dalla spazzatura ecc. Il peggioramento è avvenuto a causa dell’ultima dieta finita infatti nel 2023, era il digiuno a intermittenza. Digiunavo per circa venti ore al giorno e mangiavo per quattro. Ovviamente la mia malattia approfittò di questa condizione per esplodere in tutta la sua potenza. Una psicologa specializzata in disturbi alimentari mi disse che io, o meglio la mia mente, aveva trovato un sistema perfetto di abbuffate brevi accompagnate da lungo periodo di digiuno per compensare, perfetto perché mi faceva dimagrire, ma disfunzionale. E ci credo! Ero sempre affamata, arrabbiata e frustrata.
Cinque anni fa sono andata in un centro per disturbi alimentari dove mi diagnosticarono la dipendenza da cibo e mi dissero di andare dietro alle mie compulsioni, se no sarebbe arrivata la frustrazione di non poter avere quel cibo che poi si sarebbe trasformata in impulso all’abbuffata. Inoltre ci tennero a specificare che la dipendenza da cibo è la peggiore che c’è, perché purtroppo noi ci dobbiamo nutrire e che il cibo è intorno a noi, ovunque noi andiamo. Poi sono passata da una psicologa privata specializzata nei disturbi alimentari e lei mi disse che il mio organismo aveva bisogno di ogni sostanza per nutrirsi: sì proprio così anche della mia droga (per me i dolci). Per Natale, fu molto carina perché mi regalò proprio uno di questi cibi per me compulsivi, forse il suo messaggio era: “Non aver paura di mangiarlo, non corri alcun pericolo”. Ma il pericolo c’era… Eccome se c’era.
Un giorno mi disse che dovevo imparare a gestire le mie emozioni senza il cibo e mi fece la metafora del pallone galleggiante e la piscina. Il pallone era la mia emozione, la piscina il cibo e mi disse: “Se tu provi a tenere il pallone sott’acqua con le mani, ad un certo punto le braccia ti faranno male, perché il pallone tende ad uscire dall’acqua (qui entra in gioco la fisica). In quel momento tu dovrai per forza mollare la presa, non potrai resistere a lungo e allora a quel punto il pallone ti schizzerà fuori come un razzo e ti colpirà in pieno volto”. Forte quell’immagine per me, ma gestire le emozioni senza cibo mi fece paura, mi fece sentire nuda e vulnerabile in mezzo a un piscina senz’acqua e piena di palloni. Così, uscita da quella seduta, andai nel supermercato più vicino a casa mia e riempii il carrello di cibo spazzatura (il mio preferito in assoluto) e mi abbuffai per giorni. Ora che ricordo, ho una foto di quel carrello.
Avevo la sensazione di urlare in una stanza di sordi. Il mio era un grido d’aiuto.
Poi per caso, ma veramente per puro caso, lessi un libro di un ragazzo recuperato e scoprii questi gruppi di auto mutuo aiuto. Ovviamente non avevo capito di cosa si trattasse, è vero che conoscevo AA dai film e dalle serie televisive, ma per il cibo proprio non avevo idea. Feci le mie ricerche, cercavo una dieta nuova, eh sì, mi dovevo motivare ogni volta che ricominciavo con diete diverse. Era la fine dell’estate 2023, era la mia prima riunione on line, ero lì dove il mio destino si stava compiendo, dove finalmente avrei trovato la strada. Avevo toccato il fondo, uscivo da un’estate terribile: avevo avuto i muratori in casa e grossi problemi con mia figlia adolescente. Mi ero abbuffata tutta l’estate, ero ingrassata in poco più di due mesi 25 chili, sì, 25 chili dopo un anno di digiuni terribili dove avevo sofferto la fame come mai prima.
Inizialmente non ci capivo nulla, ma una parola mi colpì in particolare, era “astinenza”. In quel momento mi colpì perché era l’unica che poteva avere un certo legame con la parola dieta. Ne volevo sapere di più, così il primo libro che comprai di OA fu proprio Astinenza: “è l’atto di astenersi dai cibi compulsivi e dagli atteggiamenti compulsivi”. Fu un colpo, i pensieri che mi affollavano la testa furono: “questi sono tutti matti” oppure “io non lo farò mai, non potrò mai lasciare il mio amato cibo, il mio compagno di sventura, quello che non mi ha mai tradito”. Anche nei digiuni avevo sempre un giorno jolly dove potevo mangiare il mio cibo astinente. Ma continuavo a seguire queste riunioni con gente che parlava un linguaggio che non riuscivo a comprendere. Poi tutto cambiò grazie a quattro parole sentite per caso in una di queste riunioni: “un giorno alla volta”. Furono proprio quelle quattro parole che cominciarono a sciogliere le mie catene, le mie prigioni cominciarono ad allargarsi e cominciai a guardare tutto da un’altra prospettiva; guardavo le cose con occhi nuovi. Così mi dissi: “posso solo per oggi non mangiare i dolci? Certo che sì, ho fatto mesi di digiuno figurati se non ce la posso fare a non mangiarli entro stasera, domani si vedrà”.
E così è cominciato tutto, è cominciato il mio meraviglioso viaggio alla ricerca di me.
Non ci credevo, non ci credevo davvero ma, dopo un po’ di settimane, il pensiero compulsivo, quello che mi ha accompagnato ogni giorno in questi trent’anni dalla mattina appena sveglia alla sera, è sparito.
Non ci credevo, non ci credevo davvero che io sarei dimagrita così tanti chili, un peso che mai in questi trent’anni avevo raggiunto, nemmeno durante l’adolescenza, ma che non mi importava più.
Non ci credevo, non ci credevo davvero di poter gestire le emozioni senza il cibo.
Non ci credevo, non ci credevo davvero che i doni più grandi per una materialista come me mi fossero arrivati per caso e che non avessero nulla di materiale.
Cosa è cambiato da quell’agosto del 2023?
Tanto, tutto.
Sono impotente di fronte al cibo compulsivo, non è colpa mia se non riesco a resistere, non è colpa della mia scarsa forza di volontà…
Ho ritrovato il mio potere superiore, era lì che aspettava me…
Non ho più pensieri compulsivi sul cibo, la prima cosa che penso ora al mattino quando mi sveglio è quanto sono grata del giorno nuovo che nasce e la sera, nelle mie preghiere, ringrazio il mio PS per ogni dono ricevuto e chiedo perdono per gli errori compiuti…
Quando sto attraversando la tempesta, non penso più a quale cibo potrebbe consolarmi, ma affido quello che non posso cambiare e lavoro per cambiare ciò che posso…
Non esistono più problemi irrisolvibili o complessi, ma solo semplicemente tanti piccoli problemi che possono essere risolti uno alla volta…
Ho una vita in mezzo ai pasti, una vita che prima non credevo di avere, una vita da riempire con tutto ciò che arriva senza se e senza ma…
Ogni giorno sono grata di tutto quello che ho, a partire dal nuovo giorno tutto da ricostruire…
Ho tanti amici e amiche OA che sono pronti ad aiutarmi quando sto male, perché loro mi capiscono, loro sanno cosa sto provando, loro sono parte di me ed io sono parte di loro…
Ho imparato ad amarmi, a curare le mie ferite, ad essere la persona più importante per me. Ho imparato a darmi una pacca sulla spalla quando sto facendo un buon lavoro, ho imparato a salire un gradino alla volta quando la scala è lunghissima, a non alzare la testa a guardare la scala per intero, ma a concentrarmi sul gradino.
Ho i miei meravigliosi e preziosi 12 passi che mi ha donato OA, che ormai fanno parte di me, che sto portando nella vita, nelle relazioni e che hanno sostituito il cibo.
Ho un piano alimentare con tre pasti al giorno sani e sazianti (ho scoperto che non posso sentire la fame, se no vado ad abbuffarmi). Questo piano alimentare è stato negoziato con la mia splendida nutrizionista. Ho avuto bisogno di lei perché dopo anni di diete insensate non sapevo più quale fosse il mio cibo sano. Grata per lei che con tanta pazienza ha accettato i miei limiti e questa mia dipendenza che non si riesce a razionalizzare.
Non ho più bisogno di fare diete e questo per me è stata una vera liberazione…
Ho sciolto tutte le catene, le pareti della mia prigione sono cadute ed io sono libera, respiro e mi godo tutta la bellezza che la vita mi può offrire…
Sono diventata una viaggiatrice, una navigante alla ricerca continua della rotta. E anche se a volte la rotta tracciata è difficile, è tempestosa, non sono mai sola, il faro mi attrarrà al porto sicuro.
Dove sono ora?
Sono qui davanti al mio pc in questa domenica di leggerezza e calma, il sole ormai si è nascosto dietro le nuvole in questa splendida mattina di gennaio, in questa terra che mi ha adottata. Ma non importa, dietro le nuvole c’è sempre un cielo sereno, basta avere la pazienza di aspettare, ora lo so. Dopo andrò a scrivere il mio piano alimentare settimanale sotto cui scriverò la mia preghiera che ormai scrivo da più di 15 mesi: “Signore, affido a te la mia astinenza solo per oggi, se domani starò male mangerò.” Sì, perché è solo per oggi che io devo tenere fede alla mia astinenza. Se dovessi pensare che fosse per sempre diventerei matta, ma cascasse il mondo, stasera porto a casa la mia benedetta astinenza.
Quando qualcuno mi chiede “Come fai a mantenere la tua astinenza da così tanto tempo?”, io rispondo che è stato il dolore a salvarmi. Il dolore che sentivo quando mi svegliavo da un’abbuffata, quando con ferite profonde mi chiedevo “Perché?”, “Come ho fatto a ricaderci di nuovo?”, “Avevo promesso di non ricascarci più, mai più”. Quel dolore è impresso dentro di me, lo sento ancora, lo sento sottopelle, lo sento ogni volta che un nuovo amico o una nuova amica condivide parte del suo. Ma ora non mi spaventa più, ora quel dolore mi salva ogni volta dalla malattia, mi tiene vigile, mi ricorda che devo stare attenta perché la malattia è lì che mi aspetta, che può nuocermi ancora. Benedico quel dolore.
Per ora sono qui che mi godo il momento, lo assaporo fino in fondo, lo sento nel profondo e lo tengo con me il più possibile. Un po’ mi fa sorridere il pensiero della me prima di OA, quando la domenica era il giorno più triste e pesante della settimana, perché pensavo a tutti gli impegni che avrei avuto durante la settimana come se li avessi dovuti onorare tutti in quel momento. Ora per me la domenica è il giorno della calma, della ripresa, è il dono dell’attesa e anche della cura.
Sono qui, che da più di 15 mesi non mi abbuffo più.
Sono qui, ora, e non vorrei essere da nessun’altra parte.