Mare d’inverno

Era una giornata tiepida.  Il sole illuminava il mare d’inverno, la spiaggia deserta, i sassi, le conchiglie. Seduta su uno scoglio, il mio sguardo si perdeva all’orizzonte. 

Ero lì serena a godermi il tepore del sole, cullata dal movimento delle onde. Ero stanca. 

Che fatica pensai, che fatica, quante energie sprecate a causa del mio mangiare compulsivo, a causa della mia malattia affrontata da sola. La cosa più tormentosa era il mio mangiare notturno. Inesorabilmente, di notte mi alzavo e mangiavo. Alla mattina avevo già dimenticato, ma rimanevano i segni implacabili delle scorribande notturne: rifiuti, cartacee, croste di cibo.

Certa che la mia volontà poco poteva contro questi eventi, provai di tutto per evitarli: ho incatenato il frigo e messo il lucchetto, chiuso la cucina a chiave, che seppellivo nel vaso di fiori sul terrazzo tirando poi giù la serranda, oppure la davo a mia madre, che poi svegliavo nel cuore nella notte; facevo le barricate con le sedie, nel tentativo di prendere coscienza delle mie azioni prima di arrivare in cucina.

Poi, per fortuna, trovai OA. Mi ci attaccai con le mani e coi denti, 30 anni fa. Allora c’erano pochi gruppi  in Italia. Per partecipare alla prima riunione feci un viaggio di 4 ore all’andata e quattro al ritorno, andai a Livorno. La prima impressione fu che mi sembravano tutti matti. Ma restai. Continuai a restare . Il mio primo sponsor, disperato di fronte al mio mangiare notturno, mi disse: “Ma cosa hai dentro il frigo? Ma mettici la Madonna!”

Fu così che dentro il frigo misi anche una statuetta della Madonnina. Forse funzionò, ma mio marito mi disse esterrefatto: “Ne ho viste di tutti i colori, ma una cosa così mai!”

Fu così che cominciò la mia storia di recupero in OA, che dura tuttora e relega a un lontano ricordo le immagini tormentose.

Ora c’è solo il sole, la calma, il mare.

NUMERO VERDE 800.090.151